Abbinamento dinamico cibo-vino

Il successo dell’abbinamento secondo il metodo AIS

Fiore all’occhiello della scuola AIS, il diagramma di abbinamento cibo-vino raggiunge il successo e riconoscimento a livello globale (decennio 2030) , nonostante lo scontato sciovinismo e resistenza francesi. Molte delle discussioni con ECR hanno riguardato questo argomento.>>> METODO ABBINAMENTO AIS

ABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO  Già verso la metà del decennio 2010-2020 si capisce che l’abbinamento non è solo un fenomeno statico di concordanza cibo-vino (food-wine pairing…) ma un fenomeno dinamico. Lo spunto deriva da due fatti ben noti da tempo ai degustatori ma prima mai ben compresi.>>> Food Pairing

Primo:  a volte un diagramma che mostra perfetta armonia può rivelarsi fallace alla verifica partica, e viceversa; Secondo: succede spesso che l’abbinamento porti a percepire sentori (aromi, sapori) “completamente” assenti nella descrizione separata sella degustazione del cibo e del vino.

Concezione dinamica come superamento della concezione statica dell’abbinamento

Entrambi i fenomeni si potevano spiegare rimanendo in una visione statica del fenomeno, secondo la quale la presenza di determinate molecole non percepibili separatamente nella analisi organolettica potevano in realtà determinare fenomeni di compatibilità o incompatibilità. Ma rimaneva un fenomeno per così dire insito nel contenuto dei componenti, e veniva esclusa una interazione e trasformazione a livello molecolare di questi componenti.

In realtà la piena comprensione del fenomeno si capì doversi fondare su una una visione olistico-dinamica dell’abbinamento, in quanto determinato non dalla mera sovrapposizione degli effetti separati (concezione riduzionista) – vuoABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO_1i per contrapposizione vuoi per concordanza – bensì dalla combinazione e trasformazione (quindi, appunto per questo, DINAMICA) delle molecole del cibo e del vino.

Si comprende quindi che spesso – anzi praticamente sempre anche se talvolta l’effetto finale è spettacolare – dall’unione dei componenti si sviluppano – attraverso reazioni chimiche – dei composti diversi di fatto da quelli presenti negli elementi primari. Trasformazione dinamica, dunque! Il cui effetto è talvolta molto diverso dalla semplice “somma” delle parti iniziali

Evoluzione della concezione dinamica dell’abbinamento

Negli anni 2020-2030 alla classica tripartizione dell’abbinamento in poco armonico, abbastanza armonico ed armonico, vengono aggiunti due termini estremi: abbinamento DISERGICO ed abbinamento SINERGICO. (en passant, le tre arcaiche forme rappresentano un abbinamento genericamente appartenenti al campo ANERGICO).

In un primo tempo (fino al 2050 circa, quando Nadia Omissam pubblica l’opera fondamentale su questo argomento, cfr. il seguito) si dichiara l’impossibilità nella fase organolettica e degustativa di predire il carattere disergico o sinergico dell’abbinamento. In pratica si sancisce che solo la fase sperimentale applicativa può determinare l’attribuzione del carattere dis- o sinergico dell’abbinamento.

ABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO_2Successivamente (Olodinamica delle sensazioni gustolfattive, N. Omissam – 2051) appare chiaro che una tale visione deve essere affrontata con delle analisi del tutto analoghe a quelle utilizzate negli anni 2000 per il food pairing. In questo senso si comincia ad analizzare a catalogare migliaia di cibi e di vini.

E’ in una fase decisamente più matura (2070-2080), attraverso l’ampliamento della scheda descrittiva sia del cibo che del vino, degustati attraverso particolari tecniche di rilassamento e di concentrazione, che si riesce a raggiungere un carattere predittivo, ex ante, a partire dalla degustazione.

Inoltre i corsi di formazione prevedono già da tempo un periodo di studio della chimica del vino che descriva, oltre alla geografia e all’influenza dei tre fattori U(CVT), la corrispondenza e la relazione di tali fattori con il contenuto molecolare-fine del vino.

Alcuni esempi, noti da decenni ma che assumono nuova importanza alla luce di questa evoluzione sono i seguenti:

1) il TDN nei Riesling di lunga evoluzione (particolarmente evidente per certi cloni, climi e terroir), che può dare effetti talvolta disergici;

2) Le MOP di alcuni Sauvignon Blanc (anche qui particolarmente evidente in alcune espressioni) che può dare sia effetti disergici che sinergici (basilico, rucola, vari aromi).

Il secolo successivo vedrà la piena realizzazione di questo progetto.

Degustazione e filosofia – Vino dal Futuro III

La nuova filosofia del vino

Il vino è classificato come un prodotto “biosincrocompatibile” (2230-2250, cfr. A. Acranomal che ne formalizza la definizione e le caratteristiche nei dettagli, 2244) , che le sofisticatissime procedure biologiche garantiscono sano e stabile a prescindere dalla mancanza di trattamenti per noi tradizionali. La chimica, in qualsiasi forma, è bandita poiché strettamente inutile per prodotti di vera qualità. Il vino – si legga: ogni singola bottiglia – è finalmente diventato quell’opera d’arte –unica ed irripetibile – che tanto era stata inseguita, teorizzata, auspicata – una chimera allora irraggiungibile ? – già sul finire del XX sec. da taluni autori (pioniere certamente W. Schwarzengebirge, 2017;  poi anche M. Dalmasserre, 2018) a noi quasi contemporanei.

Degustazione e descrizione del vino nel futuro

Ma quali sono, tradotte per un degustatore della nostra epoca, le caratteristiche organolettiche dei vini di inizio XXIV secolo? Come si svolge in pratica la degustazione ? Intanto, cosa che ci stupisce un  poco, sono stati in parte abbandonati – tranne al solito per le produzioni che rivestono grande interesse storico – vitigni troppo aromatici. Il motivo è al tempo stesso banale e profondo: la predominanza aromatica delle uve non consente la piena espressione del fenopedotipicismo in tutte le sue poliedriche sfaccettature, facendo risaltare in particolare – con eccessiva predominanza – solo quella legata al varietalism.

La degustazione come unione di esperienza e sensorialità

Il carattere dei vini, dato quindi il profondo legame con la terra, è valutato per lo più su caratteri che noi descriveremmo come “freschezza” e “sapidità”; solo in secondo piano, la “tannicità”; tuttavia tali concetti sono solo approssimativamente resi dalla nostra terminologia attuale, anche perché la capacità di analisi sensoriale e le tecniche di training e di concentrazione necessarie ad un degustatore del 2300 consentono il discernimento di sfumature molto più complesse e sottili delle nostre. L’alcol e lo zucchero hanno in genere – tranne rari casi – valore marginale nella valutazione. La degustazione – che è di fatto puramente descrittiva e volutamente soggettiva… – è legata alle macro-sensazioni-mentali che il liquido riesce a suscitare (ricordi, atmosfere, impressioni, suoni, colori, …) in chi lo beve. La valutazione inoltre varia enormemente con le condizioni ambientali e psicologiche che accompagnano la degustazione, condizioni che ci si guarda bene dallo standardizzare: ed ecco allora che un vino ha molteplici schede che ne descrivono la “capacità suscitante” legata alle diverse condizioni (convivialità, meditazione in solitudine, stato di fondo di euforia, di calma, di irrequietezza, di gioia, di tristezza, di contemplazione) del degustatore. Così ogni descrizione è contingente eppure ugualmente valida, e comunica “ad altri” degustatori  “altre” esperienze che “altri” hanno sperimentato. Tutto ciò può essere condiviso grazie delle potentissime strutture di ultra-link nell’Esonet dell’epoca. Se ne costruisce il cosiddetto “profilogramma delle sensazioni“, inviluppo complesso dato dalla sovrapposizione delle esperienze di degustazione. Sono aspetti anche molto tecnici che sinceramente a noi sfuggono… ma non possiamo non cogliere l’intima poesia e la forma d’arte che sottostà a questo nuovo modo di intendere e concepire il vino come un vettore di emozioni, condivisibili attraverso la comunicazione nel tempo e nello spazio: il vino come mediatore di sensazioni tra persone.

C’è un secondo aspetto, probabilmente ancora più importante, legato ad aspetti più materiale. Come si diceva ogni bottiglia diventa, in base ai principi sopra esposti, un’opera d’arte effettiva, unica ed irripetibile. In realtà è tutto il prodotto-vino che viene visto come un’opera d’arte:  “il vino è l’oggettivizzazione della capacità dell’Uomo del XXIV sec. di estrarre Emozioni  direttamente dalla Terra, allo stesso modo in cui L’Uomo primitivo poteva estrarre i metalli da una miniera, …”  O. Evinatnoff, 2311). Il vecchio detto “Il vino è il sangue della Terra” si carica quindi di contenuti effettivi. La cultura materiale del cibo e del vino entra pienamente nella maggioranza dei percorsi formativi delle giovani generazioni. Percorsi formativi che non sono più avulsi dal contesto, bensì inseriti e collegati alla storia dell’arte e alla storia delle lingue e delle tradizioni popolari. Ed è in questo senso che quella che era la Vecchia Europa diventa il perno insostituibile della rifondazione dell’Umanità dopo la Grande Crisi.

Vino dal futuro: l’inizio di tutto – II

La viticoltura ed il vino dopo la Grande Crisi.

Pochissimi sono i biotibi sopravvissuti tra le molte migliaia di varietà coltivate ancora intorno al 2090. In un primo tempo solamente le più sofisticate tecniche genetiche sono in grado di salvare e riprodurre alcuni cloni. In questa operazione risulta fondamentale il ruolo dell’Italia. Questo si concretizza in due direzioni. Primo, attraversi il recupero di molti vitigni che nell’ambiente relativamente incontaminato di molte nicchie della penisola hanno saputo resistere ed adattarsi alla Grande Crisi superando sia lo stress chimico-genetico che i cambiamenti climatici. Secondo, con l’imporsi di alcune idee fondanti che la viticoltura aveva già anticipato nell’opera di alcuni “visionari” di fine XX / inizio XXI secolo. Di fatto è l’enorme biodiversità del patrimonio ampelografico italiano – e balcanico in parte – che permette il rilancio della viticoltura mondiale. Ed è quindi in onore della nostra nazione che il Vinitaly, trasferitosi a Stoccolma (sic!) dal 2128, mantiene definitivamente la sua originale denominazione.

Biotecnologie e viticoltura

Verso il 2150 tecniche genomiche sofisticatissime e full-compatibili raggiungono ulteriori traguardi, sbalorditivi: si giunge alla riproduzione Jurassic park del vinotramite clonazione a partire da scarsi resti genetici – raspi e foglie ma non semi per ovvie ragioni anche se la sperimentazione è vastissima – rinvenuti nelle antiche fattorie e cascine disperse nelle valli appenniniche ed alpine, di varietà addirittura prefilosseriche e che si ritenevano scomparse “definitivamente” da secoli.

La viticoltura che ne scaturisce (2150-2180), unitamente ad una sensibilissima capacità di analisi e classificazione dei terreni e dei fattori pedoclimatici, conduce (tra la metà e la fine del sec. XXII) – definitivamente – al trionfo del concetto di terroir. Ma tale concetto ora è molto più ampio ed articolato, complesso, tanto da essere riassunto da taluni autori con il termine di “fenopedotipicismo” (M. Sammulse, 2187). Il significato rispecchia la intima ed inscindibile commistione dei caratteri tipici ed esclusivi di un vino derivati dalla combinazione unica ed irripetibile – di anno in anno – di terroir, condizioni geopedoclimatiche e varietalism.

La tracciabilità estrema del vino

Si giunge addirittura con alcuni produttori (Fittenmayr, 2204; Paskutti, 2209; Wertzverain, 2212; Kavenagovicic, 2013) alla riproduzione su supporti quanto-opto-elettronici a lamina – presenti sotto l’etichetta – di tutti i caratteri fenopedotipicistici caratterizzanti il vino: dal profilo chimico-fisico-biologico del terreno fino alla massima profondità raggiunta dalle radici alla curva climatica e meteorologica dell’annata a scansione fine di ora in ora, dalla sequenza genetica del clone descritta in termini di pico e femto satelliti alla definizione particolareggiata secondo classificazione IUPPCEV delle tecniche colturali, dei processi di vinificazione, delle pratiche di cantina. Elementi che quindi caratterizzano in modo esclusivo il prodotto contenuto nella bottiglia. Anzi, che caratterizzano il vino di ogni singola bottiglia.

La zonazione spinta ed alcuni casi estremi di terroirizzazione

I 1er Cruls, o Erste  Lagens, o Fine Zones, o Pervizemlije (tutti esempi di denominazioni del sec. XXIII, in italiano corrispondenti al termine ViQOSDeP ovvero Vigneto di Qualità Organolettica Specifica Delimitato e Protetto, più prosaicamente indicato con Intra Zona) sono per tale scopo differenziati (oggi diremmo “zonati”) mediamente su scale di omogeneità che raramente superano i 200-250 mq. Per i prodotti di pregio assoluto, o anche solo per caratterizzare elevati gradienti di fenopedotipicismo, la scala di omogeneità arriva a definire produzioni fino a alcune decine di bottiglie prodotte da poche centinaia di piante. Il legame bassa-resa/elevata-qualità è – sorprendentemente – in larga parte superato.

Terreni particolarmente vocati (Borgogna, Mosella, Alsazia, Collio, etc.) sono ricostituiti in piccole porzioni, con costi enormi, sulle pendici degli Urali, e nelle Highlands scozzesi. La Craie dello Champagne si trova ora in forma sperimentale anche in Patagonia; una piccolissima intra zona ricoperta con le terre delle colline senesi si costruisce (2310 ca.) nella parte meridionale della Svezia. Il Nebbiolo da risultati eccellenti nell’Irlanda e nella Scozia, su dei Firstly Places marnosi ricomposti di meno di un quarto di ha (1500 ceppi in coltura secondo il sistema Cetiri-wan).

Abbandono di taglio ed uvaggio: motivazioni

Ormai sono poco diffusi  – anche perché non più previsti in modo diffuso dai protocolli – il taglio e l’uvaggio. Sopravvivono tali pratiche solamente per quei prodotti le cui radici siano storicamente fondate ed attestate da una secolare tradizione (su tutti, a puro titolo di esempio: Champagne, Bordeaux, Tokaji, Valpolicella, Chianti, Sherry e diversi altri. La regolamentazione è rigidissima e molto restrittiva: le percentuali dei vari vitigni devono essere rigorosamente costanti e certificate e la tecnica enologica dichiarata ed immutabile. Tutto ciò ha lo scopo esplicito di limitare l’intervento enologico invasivo di trasformazione ed  addomesticamento del prodotto vino finale: si vuole infatti che la riconoscibilità del fenopedotipicismo sia immediata per un degustatore medio dell’epoca per qualsiasi vino classificato. Si vuole evitare cioè – nel modo più assoluto – che eccessive sovrastrutture tecniche possano riprodurre quei “vini-Frankestein” (D. Odroga, 2066, “Guida Critica Ragionata”) tecnicamente perfetti che si susseguono di anno in anno assolutamente identici a se stessi [citiamo su tutti: Gerluomo, “Frage nicht mehr, frage nicht wenig” annate dal 2046 al 2077; De Livelotti, “Chez moi ce nuit la bas”, anni ‘60 e’70 del XXI sec. – che sono sicuramente gli esempi più eclatanti degli esponenti di questa tecnica della perfezione assoluta, con la quale si arriva a costruire vini che per decenni raggiungono immancabilmente ed infallibilmente standard di 101 (sic!) centesimi partendo dall’assemblaggio di 25 e talora 30 vitigni diversi provenienti da anche un centinaio di vigneti per ottenere prodotti assolutamente equilibrati, armonici, perfetti, identici a se stessi in ogni sfumatura]. Tutto ciò viene prima esaltato (anni 2060-2070) come massimo traguardo dell’enologia mondiale, ma dopo la Grande Crisi guardato inizialmente con sospetto ed infine definitivamente considerato come pratica ultra-omologante inaccettabile (OGEU, n.12 anno 2116 – parte IV). Fuori da queste rigorose discipline, tagli ed uvaggi comunicano quindi un senso di eccessiva standardizzabilità del vino.

Vino dal futuro: l’inizio di tutto – I

Prologo

Verso la metà del XXIII secolo l’umanità scopre il principio fisico che determina la possibilità di viaggiare nel tempo. Nel volgere di alcuni decenni la tecnologia mette a punto dispositivi che consentono spostamenti entro un arco temporale di alcuni secoli terrestri. Alcuni appassionati ECR (Enocrononauti) del sec. XXIV sono in grado di compiere dei viaggi di esplorazione in quello che è il loro passato. Per una straordinaria casualità, davvero unica ed irripetibile, avemmo l’occasione di incontrare uno di questi ECR all’uscita di una importantissima manifestazione – sul finire del Novembre 2011 – legata al vino nel Nord-Est italiano. Stante il nostro approssimato stato di lucidità, quello che segue è un breve ed incompleto riassunto delle scarne ed enigmatiche rivelazioni che il cosiddetto protocollo NVPCDE (*) permette – al nostro viaggiatore – di “trasmettere” a noi abitanti del 2012.

La storia vera del vino dal futuro ?
Fine del XXI secolo: lenti ma progressivi cambiamenti hanno ormai radicalmente mutato gli assetti climatici del pianeta. S’è infine compreso che l’attività antropica aveva solo un ruolo marginale in questi cambiamenti, che erano legati alla interazione di molti e complessi cicli di retroazione delle dinamiche astronomiche e bio-geologiche del  pianeta, ma la tecnica non ha saputo o potuto porvi rimedio. A causa di tali cambiamenti, la fascia ottimale per la coltivazione della Vite (dal 2040 circa non si coltiva diffusamente solo la vinifera, ma anche alcuni ibridi di tredicesima generazione) si estende ora fino oltre il 60°parallelo. Sono coltivate aree che nella nostra epoca sono di fatto assolutamente inadatte: Siberia, Scandinavia, Terra del fuoco, Coste meridionali della Groenlandia, Coste dellClima Vite e Vino’Antartide:  sono terre in cui si spingono coltivazioni sperimentali . Il vino che si produce è particolarmente interessante.

Ma non ci sono stati solo i cambiamenti climatici.
La scienza vitivinicola raggiunge in una prima fase (a partire dagli anni 2050-2060) livelli di sofisticazione neppure descrivibili nella terminologia attuale. Ma, nonostante ciò, anzi proprio a causa di questo, le tecniche colturali estreme – unite all’abuso di trattamenti chimico-genetici sempre più radicali – inducono uno stress insostenibile per le coltivazioni. Il portainnesto – ad esempio – è soggetto a fenomeni di mutazione e rigetto, a causa di complesse interazioni con l’ambiente. Le uve perdono progressivamente in qualità poiché una corretta maturazione diviene sempre più difficile ed incostante. Il vino perde in qualità. Infine gli effetti diventano incontrollabili e sono tali da provocare la perdita quasi totale (86,7% secondo H. Lothernegie et al., 2114) delle coltivazioni e l’estinzione massiccia dei cloni (76,4 %; ibid). Il risultato finale, che culmina nella cosiddetta Grande Crisi (2090-2100; M.D. Lebartz, 2126), sarà pesantissimo: al suo confronto – solo a titolo di esempio – la caUva stentata vino pessimotastrofe fillosserica costituisce né più né meno un puro incidente – contingente ed effimero – della storia della vite e del vino.
Questa Grande Crisi – da immaginare su scala planetaria – coinvolge ovviamente qualsiasi attività umana. L’uomo comprende a caro prezzo che scienza e tecnologia, raggiunte vette di complessità inimmaginabili, nulla possono se spinte insensatamente oltre certi limiti. Si comprende che alla base del Tutto ci sono sottili equilibri che richiedono – necessariamente – la completa integrazione e compatibilità delle coltivazioni con la biosfera. La vite ed il vino non fanno eccezione, anzi: sono stati essi i rivelatori prodromici del cambiamento in atto.
Dopo decenni di decadenza si inizia a poco a poco (2110-2130) la rifondazione di molte attività umane in base a questi nuovi paradigmi. In tali attività rientrano anche la viticoltura e l’enologia, viste ora come uno dei trait d’union più profondi ed inscindibili tra cultura umana e natura. Il discorso sarebbe troppo complesso per poterlo affrontare qui con maggiore precisione.
In campo vitivinicolo (di questo possiamo qui occuparci e riferire) è necessario – cosa che avviene rapidamente nell’arco di un paio di decenni , ( 2120-2140 , cfr. ad es. Marigotti, Vanespini, “La reinblacireatazione della Vitis Claris Ebenda Vinifera Viniferale” – vol II – 2144) – abbandonare la pratica dell’innesto ed escludere definitivamente la chimica di sintesi nei processi di coltivazione e vinificazione. Ma è la stessa concezione del rapporto Natura – Uomo – Vino che ne esce profondamente trasformata (ibid.).

Il vino raccontato da un enonauta del futuro ?

Non lo avevamo mai raccontato prima poiché – noi per primi – eravamo scettici sulla reale identità di uno strano personaggio incontrato sul finire del 2011 in occasione di una importante manifestazione legata all’Universo Vino. Certo i termini tecnici utilizzati dal nostro interlocutore ci sembrarono più delle bizzarre invenzioni che non un linguaggio di senso compiuto per descrivere il vino.

Dopo viaggio_nel_tempoquesto primo incontro, nonostante numerose ricerche,  non fummo in grado di rintracciare il nome che disse di avere: non compariva in alcun social network, non era noto in nessuna delle nazioni che via via furono oggetto della nostra indagine. Tuttavia, il primo “incontro” si era concluso con la promessa – in verità assai criptica – di un prossimo appuntamento.

Dopo alcuni mesi di febbrile attesa, le speranze andarono completamente deluse: il sedicente Enocrononauta non si presentò e non trasmise ulteriori segnali.

La cosa sembrò finire così, nel nulla, ma dopo poche settimane, inaspettatamente – col senno di poi capimmo come l’incontro non fosse stato propriamente … casuale – riapparve in occasione di uno degli appuntamenti organizzati al Vinitaly.

Da allora gli incontri e gli scambi si moltiplicarono e, nonostante il nostro iniziale totale scetticismo, fummo in grado di verificare personalmente una serie impressionante e sconcertante di  “premonizioni” (tali almeno erano per noi).

ECN (per ora lo indicheremo con questo acronimo) da allora è stato fonte inesauribile di cronache sul Vino del futuro. Molto più preziose sono state però le considerazioni riguardanti altri infiniti concetti che il Vino riunisce inestricabilmente in sé. ECN definisce tali concetti “declinazioni complementari del soggetto Vino” , intendendo ciò che noi oggi diremmo più prosaicamente Cultura, Tradizione, Economia, Tecnologia, Psicologia, Arte, Territorio, etc. (tendendo per lo più a considerarli separatamente mentre sarebbero da interpretare come aspetti inscindibili di una visione olistica del Vino).

vino_&_cultura

Ecco, allora, che se avrete la pazienza di seguirci avremo modo di parlare di queste declinazioni complementari, nella loro accezione attuale ed in quella … futura ! Sempre con un’occhio riguardo e di rispetto per il nostro paese, l’Italia.