Degustazione e filosofia – Vino dal Futuro III

La nuova filosofia del vino

Il vino è classificato come un prodotto “biosincrocompatibile” (2230-2250, cfr. A. Acranomal che ne formalizza la definizione e le caratteristiche nei dettagli, 2244) , che le sofisticatissime procedure biologiche garantiscono sano e stabile a prescindere dalla mancanza di trattamenti per noi tradizionali. La chimica, in qualsiasi forma, è bandita poiché strettamente inutile per prodotti di vera qualità. Il vino – si legga: ogni singola bottiglia – è finalmente diventato quell’opera d’arte –unica ed irripetibile – che tanto era stata inseguita, teorizzata, auspicata – una chimera allora irraggiungibile ? – già sul finire del XX sec. da taluni autori (pioniere certamente W. Schwarzengebirge, 2017;  poi anche M. Dalmasserre, 2018) a noi quasi contemporanei.

Degustazione e descrizione del vino nel futuro

Ma quali sono, tradotte per un degustatore della nostra epoca, le caratteristiche organolettiche dei vini di inizio XXIV secolo? Come si svolge in pratica la degustazione ? Intanto, cosa che ci stupisce un  poco, sono stati in parte abbandonati – tranne al solito per le produzioni che rivestono grande interesse storico – vitigni troppo aromatici. Il motivo è al tempo stesso banale e profondo: la predominanza aromatica delle uve non consente la piena espressione del fenopedotipicismo in tutte le sue poliedriche sfaccettature, facendo risaltare in particolare – con eccessiva predominanza – solo quella legata al varietalism.

La degustazione come unione di esperienza e sensorialità

Il carattere dei vini, dato quindi il profondo legame con la terra, è valutato per lo più su caratteri che noi descriveremmo come “freschezza” e “sapidità”; solo in secondo piano, la “tannicità”; tuttavia tali concetti sono solo approssimativamente resi dalla nostra terminologia attuale, anche perché la capacità di analisi sensoriale e le tecniche di training e di concentrazione necessarie ad un degustatore del 2300 consentono il discernimento di sfumature molto più complesse e sottili delle nostre. L’alcol e lo zucchero hanno in genere – tranne rari casi – valore marginale nella valutazione. La degustazione – che è di fatto puramente descrittiva e volutamente soggettiva… – è legata alle macro-sensazioni-mentali che il liquido riesce a suscitare (ricordi, atmosfere, impressioni, suoni, colori, …) in chi lo beve. La valutazione inoltre varia enormemente con le condizioni ambientali e psicologiche che accompagnano la degustazione, condizioni che ci si guarda bene dallo standardizzare: ed ecco allora che un vino ha molteplici schede che ne descrivono la “capacità suscitante” legata alle diverse condizioni (convivialità, meditazione in solitudine, stato di fondo di euforia, di calma, di irrequietezza, di gioia, di tristezza, di contemplazione) del degustatore. Così ogni descrizione è contingente eppure ugualmente valida, e comunica “ad altri” degustatori  “altre” esperienze che “altri” hanno sperimentato. Tutto ciò può essere condiviso grazie delle potentissime strutture di ultra-link nell’Esonet dell’epoca. Se ne costruisce il cosiddetto “profilogramma delle sensazioni“, inviluppo complesso dato dalla sovrapposizione delle esperienze di degustazione. Sono aspetti anche molto tecnici che sinceramente a noi sfuggono… ma non possiamo non cogliere l’intima poesia e la forma d’arte che sottostà a questo nuovo modo di intendere e concepire il vino come un vettore di emozioni, condivisibili attraverso la comunicazione nel tempo e nello spazio: il vino come mediatore di sensazioni tra persone.

C’è un secondo aspetto, probabilmente ancora più importante, legato ad aspetti più materiale. Come si diceva ogni bottiglia diventa, in base ai principi sopra esposti, un’opera d’arte effettiva, unica ed irripetibile. In realtà è tutto il prodotto-vino che viene visto come un’opera d’arte:  “il vino è l’oggettivizzazione della capacità dell’Uomo del XXIV sec. di estrarre Emozioni  direttamente dalla Terra, allo stesso modo in cui L’Uomo primitivo poteva estrarre i metalli da una miniera, …”  O. Evinatnoff, 2311). Il vecchio detto “Il vino è il sangue della Terra” si carica quindi di contenuti effettivi. La cultura materiale del cibo e del vino entra pienamente nella maggioranza dei percorsi formativi delle giovani generazioni. Percorsi formativi che non sono più avulsi dal contesto, bensì inseriti e collegati alla storia dell’arte e alla storia delle lingue e delle tradizioni popolari. Ed è in questo senso che quella che era la Vecchia Europa diventa il perno insostituibile della rifondazione dell’Umanità dopo la Grande Crisi.