TYPEFACES vs. WINE pairing

Dopo oltre due anni di lavoro, per la necessità di studiare e classificare alcune migliaia di typefaces, si propone in questo articolo una prima bozza di correlazione tra i font ed i vini rossi italiani.

E’ in avanzata fase di strutturazione una analoga correlazione per i vini bianchi.

Il concetto base è il seguente: Serif > identificano colore e tannino > quindi vini rossi; Sans Serif > per conseguenza, vini bianchi.

Matematicamente parlando, le mappature possibili dall’insieme dei font (forse 100.000 e più elementi ?) all’insieme dei vini (almeno altrettanti, se si considerano i produttori) sono un numero enorme. Quindi vanno fatte due considerazioni: 1) Il pairing che propongo è in questa prima fase necessariamente ultra-semplificato, e talora anche incompleto. Il lavoro è però in progress e la sua struttura consente di procedere per ampliamenti e affinamenti successivi; 2) Per fare ciò serve quindi stabilire in modo arbitrario una funzione base, un “punto-fisso” della trasformazione, una “energia potenziale dello stato zero”: questo punto fisso, dopo moltissimi tentativi e riflessioni, sia storiche che concettuali sul font che qualitative e sensoriali sul vino, è stato individuato nella coppia BAROLO-BODONI.

Il resto è analogia, similitudine, accostamento, contrasto.

Il lavoro è lungo e complesso, ricco di sfumature che emergono a volte in modo sorprendente, quasi auto-alimentantesi. E’ quasi ciò che avviene per uno scrittore che vede definirsi a volte da sola la storia che sta inventando (o scoprendo ? aristotelismo vs platonismo …)

Ecco qui di seguito la bozza draft del lavoro. Solo un inizio. Buon divertimento. A presto per nuove considerazioni …

A) VINI da UVE NEBBIOLO – ITALIA

BAROLO LA MORRA S.MARIA BODONI BERTHOLD NEW
BAROLO LA MORRA ANNUNZIATA BODONI BERTHOLD OLD FACE
BAROLO LA MORRA PIEDI COLLINA BODONI BERTHOLD ANTIQUA
BAROLO BAROLO BODONI p.d. p.d.
BAROLO CASTIGLIONE FALLETTO ZONA EST BODONI p.d. CLASSICO
BAROLO CASTIGLIONE FALLETTO ZONA OVEST BODONI p.d. ANTIQUA
BAROLO MONFORTE ZONA EST BODONI BAUER p.d
BAROLO MONFORTE ZONA OVEST BODONI BAUER EF
BAROLO SERRALUNGA VERSANTE DX BODONI BAUER URW
BAROLO SERRALUNGA VERSANTE SX BODONI BAUER OLD FASHION
BAROLO VERDUNO BODONI MONOTYPE
BAROLO NOVELLO BODONI EUROTIPO
BAROLO DIANO D’ALBA BODONI LTC
BAROLO RODDI BODONI ITC-72
BAROLO CHERASCO BODONI NEW DT
BARBARESCO BARBARESCO DIDOT p.d.
BARBARESCO NEIVE DIDOT FIRMIN
BARBARESCO TREISO DIDOT LINOTYPE
ROERO PARMA
ALBA DX TANARO TORINO URW
ALBA SX TANARO TORINO MODERN BA
LANGHE INDUSTRIAL 736
ALBUGNANO PARVENU
CAREMA MICHEL
CANAVESE ANDRADE PRO
DONNAS ACANTHUS FF
ARNAD-MONTJOVET ACANTHUS TEXT
GATTINARA ESCROW
LESSONA SCOTCH ROMAN
BRAMATERRA SCOTCH MODERN
COSTE DELLA SESIA WITTINGHAM
GHEMME DE VINNE
BOCA MODERN MONOTYPE EXTENDED
FARA MODERN BENTON DISPLAY
SIZZANO MODERN MONOTYPE EXTENDED
COLLINE NOVARESI MADISON ANTIQUA
SFURSAT WALBAUM ANTIQUA SEMIBOLD
INFERNO WALBAUM ANTIQUA
SASSELLA WALBAUM EF
GRUMELLO WALBAUM SH
MAROGGIA WALBAUM BERTHOLD BOOK
VALGELLA WALBAUM SB
ROSSO DELLA VALTELLINA WALBAUM MONOTYPE

B) VINI ROSSI – ITALIA

Premetta
Petit Rouge JENSON
Cornalin
Fumin
Gamay
Mayolet
Vien de Nus
Pinot Nero
Syrah
dolcetto LEXICON
barbera STONE
vespolina
croatina
uva rara bonarda
avanà
neretto
avarengo
doux d’henry
pelaverga
quagliano
ruchè
malvasia cdb
malvasia c
freisa
freisa
grignolino OFFICINA
Moscato Scanzo
Groppello
Lambrusco Mantovano
Bonarda
Buttafuoco
Sangue di Giuda
Lagrein QUADRAAT
Marzemino SCALA
Rebo
Teroldego SWIFT
Schiava
Bardolino KIS MINION
Amarone KIS MINION COOPER BLK ?
Valpolicella KIS MINION
Recioto
Casetta
Enantio
Raboso TRINITE’
Refrontolo Passito
Tocai Rosso Barbarano
Nero d’Arcole
Schioppettino ROTIS
Refosco PR EGIPTIAN
Terrano MEMPHIS CAECILIA
Pignolo ARNHEM
Tazzelenghe
Rossese OFFICINA
Ormeasco OFFICINA
Brunello GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Morellino Scansano GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Vino Nobile Montepulciano GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Chianti GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Carmignano
Vin Santo O P
Sassicaia
Aleatico
Syrah
Ciliegiolo
Gamay
Canaiolo
Gutturnio
Lambrusco (…) JOHANNA
Fortana
Cagnina
Vernaccia Serrapetronana
Conero GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Lacrima Morro Alba EPLICA
Aleatico
Sagrantino FLEISCHMANN
Torgiano GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Gamay
Aleatico
Cesanese (…)
Montepulciano GARAMOND BEMBO CHELTENHAM
Tintilia
Taurasi CENTURY IONIC CLARENDON
Piedirosso
Sciascinoso
Guarnaccia
Aleatico
Nero di Troia
Primitivo GRIFFO CLASS
Negroamaro LUCIDA
Caccemmitte
Bombino N
Ottavianello
Aglianico CENTURY IONIC CLARENDON
Cirò SABON
Gaglioppo
Greco Nero
Pecorello Nero
Magliocco
Nero d’Avola CENTURY IONIC CLARENDON
Frappato
Nerello Cappuccio
Nerello Mascalese SPECTRUM TIMES ALDINE
Perricone o Pignatello
Nocera
Corinto Nero
Cannonau CASLON
Monica
Nieddera
Bovale
Cagnulari
Carignano
Girò
Pascale

Rappresentare il vino

Mimesi

Mimesi significa imitazione. Concetto introdotto dai filosofi greci che ne davano però valenza differente a seconda dei pensatori. Per Platone la mimesi, in quanto rappresentazione della realtà che a sua volta è rappresentazione di una idea, è da condannare. E con essa, ça va sans dire, ogni forma di arte. Per Aristotele la mimesi assumeva invece un carattere positivo: come imitazione della forma ideale della realtà, per cui l’operare dell’artista diventa assimilabile all’operare della natura.

Rappresentare nell’Arte

Arte, quindi, come rappresentazione-imitazione della realtà. Tutti però hanno sperimentato il fatto che una fotografia sia pur tecnicamente perfetta della realtà non è in grado di restituire al soggetto che la osserva la stessa complessità vastità e profondità di un paesaggio dipinto.

La sensazione in quest’ultimo caso – il dipinto – è di percepire qualcosa in più della semplice scena rappresentata: è’ come se nel quadro fosse presente l’umidità, la temperatura, il vento, lo spessore della luce. Ma perché accade questo ?

La spiegazione è molto semplice: accade perché noi guardiamo con gli occhi ma in realtà vediamo con il cervello.

Il cervello, infatti, è in grado di ricostruire perfettamente un oggetto o un paesaggio da pochi segni anche imperfetti ed incompleti. Anzi, In questa ricostruzione è fondamentale il concetto di imperfezione e di incompletezza contenuto nel messaggio. Anzi ancora, possiamo affermare che la ricostruzione del cervello è tanto più piena e carica di sensazioni / emozioni quanto più (almeno fino ad un certo limite) il messaggio, la rappresentazione, è imperfetta ed incompleta. Al contrario, non c’è più sterile e banale trasmissione di un messaggio attraverso una rappresentazione assolutamente perfetta. Si può stabilire anche un limite oltre al quale si entra, per eccesso di rappresentazione, in un effetto di iperrappresentazione.

Rappresentare l’arte del Vino

Ma cosa può avere a che fare un tale discorso con il vino? Ci sono almeno due ambiti che hanno un nesso diretto.

Il primo potremmo definirlo “paradosso della rappresentazione enologica” ; il secondo potremo indicarlo come “paradosso della descrizione enologica“.

Il primo paradosso, pur nella sua banalità, porta a spiegare alcuni fatti molto importanti: perché, ad esempio, un vino tecnicamente perfetto può spesso essere percepito come in parte privo di una sua anima ? A volte addirittura tanto vuoto di carattere da non potersi più neppure applicare – perché improprio quando non proprio insensato – il concetto di “tipicità”; mentre – al contrario – il significato del vino porta con sé (o si vorrebbe sempre portasse con sé) proprio quella capacità di rappresentare – e quindi comunicare – in modo inequivocabile un territorio, una cultura, una tradizione.

Un esempio noto, tra i tanti che si potrebbero citare, è quello del Prosecco. Vino che gode di un successo planetario nella sua versione spumantizzata; ma la cui espressione intimamente intrecciata al territorio ed alla sua concezione primordiale è quella legata alla tipologia “colfondo“. Tecnicamente ed organoletticamente perfetto il primo, quanto vera rappresentazione del suo mondo il secondo.

Oggi a pranzo ho avuto l’occasione di presentare un Teran prodotto in Istria. A lungo  mi sono chiesto quanta carica rappresentativa del suo mondo era contenuta in questo vino dal carattere unico, scorbutico, duro per l’elevatissima acidità eppure così leale e piacevole già dopo un breve periodo di avvicinamento. Sembra che nessun altro vino possa magicamente evocare questa terra di confine, pietrosa, arida e bollente d’estate; gelida e spazzata dalla bora in inverno. Terre di forte gradiente linguistico e storico la cui asprezza ha lasciato tracce indelebili nei popoli che le abitano. Potrebbe, qui, prodursi un vino morbido, rotondo, pieno e caldo solare che esprima la rappresentazione enologica del territorio ?

Il primo paradosso è: vini “scarni“, “disequilibrati” ed “imperfetti” che rappresentano ed evocano perfettamente il loro mondo.

Il secondo paradosso ha a che fare con il linguaggio utilizzato per la descrizione di un vino. In breve, un linguaggio tecnicamente logico-scientifico come la terminologia AIS o altra similare è di fatto inappropriato per una rappresentazione efficace delle caratteristiche del vino?. E’, paradossalmente, proprio la perfezione del linguaggio che ne vanifica la capacità di rappresentazione e quindi di evocazione? Termini codificati “fotografano” perfettamente il vino, ma un ascoltatore-degustatore (si ascolta con l’orecchio ma si sente con il cervello…; si assaggia con la bocca ma si gusta con il cervello…) ben difficilmente si formerà una “vera” idea del vino?. Bisognerebbe, in realtà, ricorrere ad un linguaggio diverso?

Gedankenexperiment sulla rappresentazione del vino

In realtà esiste un esperimento mentale (gedankenexperiment) che dimostra che una verifica dell’efficacia della comunicazione si può basare su dati oggettivi o pseudo-oggettivi. Lo chiameremo Esperimento del Sommelier Virtuale (ESV) . In pratica si articola in due fasi.

Fase uno di ESV. Un sommelier degustatore esperto rimane nascosto dalla platea mentre degusta e descrive il vino. La platea può solo udirne la voce. In questa fase solo il sommelier ha il vino nel bicchiere. Alla platea non viene distribuito. Il Sommelier può far uso di tutti i termini che ritiene necessari fatto salvo quelli che possano rivelare direttamente la tipologia ed il nome del vino. Non va rivelata né l’annata né la gradazione alcolica. Il pubblico è invitato a prendere appunti. Lo volgimento dell’esperimento non può essere concitato: il tutto va inteso come processo di ricerca che necessita dei propri tempi. In questa fase alcune domande possono essere poste dal pubblico al Sommelier, che valuta opportunità e modalità della risposta.

Fase due di ESV. Terminata la descrizione, si passa alla seconda fase. Il vino viene distribuito alla platea. A questo punto dopo attenta valutazione ognuno potrà indicare in che misura il vino che ha nel bicchiere corrisponda – o meno – all’idea che si era formato attraverso la descrizione ascoltata nella prima fase.

Sarà sufficiente una scala di cinque termini, basata sulla domanda: il vino che ha degustato, corrisponde all’idea che si era formata ascoltandone la descrizione ? Si potrà ad esempio dare una delle seguenti valutazioni: 5-PIENAMENTE, 4-IN GRAN PARTE,  3-PARZIALMENTE, 2-IN PICCOLA PARTE , 1-PER NULLA. E’ naturale che una comunicazione efficace dovrebbe portare la maggioranza dei soggetti a scegliere le risposte 5 e 4.

L’aspettativa teorica, in base al paradosso sulla comunicazione del vino, è che una descrizione fatta di poche parole sapientemente approssimate, scarne ed imperfette come pennellate su una tela, possa risultare migliore di una comunicazione strettamente tecnica.

Intuizione e rappresentazione

“Disegnare” un oggetto “vero” per il cervello è questione di pochi segni semplici: tali da fare entrare il cervello stesso in quella che si definisce come Intuizione Totale (IT).

L’Intuizione Totale può essere di due tipi: relativa ed assoluta.

La prima si basa sull’ intelligenza razionale del ricevente; si operano distinzioni e rappresentazioni in base ad oggetti già noti, riconducendo a questi l’oggetto del discorso: in quanto tale la sua evoluzione non ha mai fine, è sempre parziale e non raggiunge mai – vi si avvicina solo asintoticamente – la piena comprensione. E’ un un processo di analisi che si identifica con un più o meno complesso percorso di Traduzione.

La seconda si basa sull’ intelligenza intuitiva del ricevente; in quanto tale deriva dall’esperienza diretta pregressa, dal bagaglio di conoscenze acquisite, ma senza un processo di traduzione a mediare tra messaggio e comprensione. Ed arriva immediatamente ed in modo assoluto, pieno e sintetico all’oggetto.

Intuizione significa, secondo Bergson, apprensione immediata della realtà per coincidenza con l’oggetto. In altre parole, la realtà è capita e sentita assolutamente direttamente, senza usare gli strumenti della comprensione logica: analisi e traduzione. Cioè, l’intuizione è una forma di conoscenza che penetra all’interno dell’oggetto in modo immediato senza l’atto di analizzare e tradurre. L’analisi è solo un pezzo della realtà, una forma di mediazione tra soggetto e oggetto. La traduzione è la composizione di simboli linguistici o numerici, analogamente alla prima, servono anche come mediatori. Entrambi sono strumenti imperfetti e artificiali di accesso alla realtà. Solo l’intuizione può garantire la coincidenza immediata con la realtà senza simboli o uffici.

Attraverso, come si diceva, una comunicazione scarna, imperfetta, ma evocativa.

Quale comunicazione, quale linguaggio, quale rappresentazione, quale forma di intuizione sono quindi necessari per la comunicazione delle mille sfaccettature e dei mille significati del vino?

Ne discutemmo a lungo con il nostro ECR, con rivelazioni veramente sorprendenti. La Sommellerie – soprattutto quella Italiana – né indagherà le potenzialità già a partire dalla seconda metà del decennio 2K+10.

 

 

 

 

Abbinamento dinamico cibo-vino

Il successo dell’abbinamento secondo il metodo AIS

Fiore all’occhiello della scuola AIS, il diagramma di abbinamento cibo-vino raggiunge il successo e riconoscimento a livello globale (decennio 2030) , nonostante lo scontato sciovinismo e resistenza francesi. Molte delle discussioni con ECR hanno riguardato questo argomento.>>> METODO ABBINAMENTO AIS

ABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO  Già verso la metà del decennio 2010-2020 si capisce che l’abbinamento non è solo un fenomeno statico di concordanza cibo-vino (food-wine pairing…) ma un fenomeno dinamico. Lo spunto deriva da due fatti ben noti da tempo ai degustatori ma prima mai ben compresi.>>> Food Pairing

Primo:  a volte un diagramma che mostra perfetta armonia può rivelarsi fallace alla verifica partica, e viceversa; Secondo: succede spesso che l’abbinamento porti a percepire sentori (aromi, sapori) “completamente” assenti nella descrizione separata sella degustazione del cibo e del vino.

Concezione dinamica come superamento della concezione statica dell’abbinamento

Entrambi i fenomeni si potevano spiegare rimanendo in una visione statica del fenomeno, secondo la quale la presenza di determinate molecole non percepibili separatamente nella analisi organolettica potevano in realtà determinare fenomeni di compatibilità o incompatibilità. Ma rimaneva un fenomeno per così dire insito nel contenuto dei componenti, e veniva esclusa una interazione e trasformazione a livello molecolare di questi componenti.

In realtà la piena comprensione del fenomeno si capì doversi fondare su una una visione olistico-dinamica dell’abbinamento, in quanto determinato non dalla mera sovrapposizione degli effetti separati (concezione riduzionista) – vuoABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO_1i per contrapposizione vuoi per concordanza – bensì dalla combinazione e trasformazione (quindi, appunto per questo, DINAMICA) delle molecole del cibo e del vino.

Si comprende quindi che spesso – anzi praticamente sempre anche se talvolta l’effetto finale è spettacolare – dall’unione dei componenti si sviluppano – attraverso reazioni chimiche – dei composti diversi di fatto da quelli presenti negli elementi primari. Trasformazione dinamica, dunque! Il cui effetto è talvolta molto diverso dalla semplice “somma” delle parti iniziali

Evoluzione della concezione dinamica dell’abbinamento

Negli anni 2020-2030 alla classica tripartizione dell’abbinamento in poco armonico, abbastanza armonico ed armonico, vengono aggiunti due termini estremi: abbinamento DISERGICO ed abbinamento SINERGICO. (en passant, le tre arcaiche forme rappresentano un abbinamento genericamente appartenenti al campo ANERGICO).

In un primo tempo (fino al 2050 circa, quando Nadia Omissam pubblica l’opera fondamentale su questo argomento, cfr. il seguito) si dichiara l’impossibilità nella fase organolettica e degustativa di predire il carattere disergico o sinergico dell’abbinamento. In pratica si sancisce che solo la fase sperimentale applicativa può determinare l’attribuzione del carattere dis- o sinergico dell’abbinamento.

ABBINAMENTO_DINAMICO_CIBO_VINO_2Successivamente (Olodinamica delle sensazioni gustolfattive, N. Omissam – 2051) appare chiaro che una tale visione deve essere affrontata con delle analisi del tutto analoghe a quelle utilizzate negli anni 2000 per il food pairing. In questo senso si comincia ad analizzare a catalogare migliaia di cibi e di vini.

E’ in una fase decisamente più matura (2070-2080), attraverso l’ampliamento della scheda descrittiva sia del cibo che del vino, degustati attraverso particolari tecniche di rilassamento e di concentrazione, che si riesce a raggiungere un carattere predittivo, ex ante, a partire dalla degustazione.

Inoltre i corsi di formazione prevedono già da tempo un periodo di studio della chimica del vino che descriva, oltre alla geografia e all’influenza dei tre fattori U(CVT), la corrispondenza e la relazione di tali fattori con il contenuto molecolare-fine del vino.

Alcuni esempi, noti da decenni ma che assumono nuova importanza alla luce di questa evoluzione sono i seguenti:

1) il TDN nei Riesling di lunga evoluzione (particolarmente evidente per certi cloni, climi e terroir), che può dare effetti talvolta disergici;

2) Le MOP di alcuni Sauvignon Blanc (anche qui particolarmente evidente in alcune espressioni) che può dare sia effetti disergici che sinergici (basilico, rucola, vari aromi).

Il secolo successivo vedrà la piena realizzazione di questo progetto.

Vino e viaggio nel tempo – vino dal futuro IV

… Ritorno al presente  Viaggio_3_causa_effetto

Siamo letteralmente confusi, e non solo per i numerosi vini incontrati in questo strano appuntamento alle soglie dell’inverno 2011. Abbiamo infinite domande da porre al nostro Cronoenonauta, che – tra l’altro – parla una lingua che è la sintesi di un insieme di lingue europee a volte parecchio difficile da comprendere.  “Come è cambiata la scheda di degustazione di questi vini?” “Come si effettua la loro descrizione tecnica ?”. “Come si attribuiscono i punteggi?”. “E poi, tra l’altro, come si definisce l’armonia dell’abbinamento cibo-vino?”.

Con quella che sembra essere una espressione mista tra incredulità e divertimento a delle domande che deve – evidentemente ritenere particolarmente sciocche,  Maukspitvoor (questo il nome con il quale si defiViaggio_5_causa_effettonisce …) si congeda. “Purtroppo la durata – espressa in giorni – della permanenza in un’altra epoca non può, con la nostra attuale tecnologia, superare circa un terzo dell’inverso dello sfalsamento temporale massimo della geodetica di viaggio esprViaggio_4_causa_effettoesso in anni; avevo approssimativamente 9,54248366 ore,  devo proprio ripartire”. “Ma se vorrete esserci, cari Vinonauti (così vi chiamerò d’ora in poi…), diamoci il seguente appuntamento. Coordinate Terrestri: 45°52’21”N/12°13’53”E, che per voi coincidono con il Castello di S.Salvatore, Susegana, Provincia di Treviso, Italia, Unione Europea (le coordinate sono approssimate, ma lo riconoscerete, è quello sul colle);  Data: 3^4^KK+012, per voi, secondo la notazione in uso, 10.03.2012;  Ora: Tempo Solare Vero Locale 09h 38m 48s , per voi ore 10:00 del mattino, poiché non avrete ancora la vostra ora legale e – attenzione – ho già introdotto io le correzioni necessarie per tener conto che sarà un anno bisestile”. “Fatevi trovare, sarà un piacere approfondire i fenopedotipicismi della vostra… regione”. “E forse potrò – forse, e solo in parte – rispondere alle vostre bizzarre domande”.

Nota sul viaggio nel tempo

(*ndr) Nel primo resoconto dell’incontro avvenuto con ECR Maukspitvoor era stato citato, senza fornire ulteriori dettagli, il protocollo NVPCDE. In parole povere Viaggio_1_causa_effettoanche se forse eccessivamente approssimate, esso esprime in forma di norma legale delle incontrovertibili necessità fisiche determinate dalle leggi generali del moto nel tempo. Poiché il viaggio nel tempo in quanto tale potrebbe potenzialmente violare il principio di causa-effetto macro-fisico, il Protocollo impone la Non Violazione del Principio di Causalità Deterministico Einsteniano. Ciò esclude – di fatto –  degli scenari di rischio che possono essere raggruppati in due grandi categorie. La prima categoria, definita “ingerenza ex post” esclude la possibilità del Viaggio nel Passato e ritorno, con comunicazione al Passato di informazioni che possono sovvertire gli effetti del determinismo macro-fisico; la seconda categoria, definita “ingerenza ex ante”, esclude la possibilità del Viaggio nel  Futuro e ritorno, con assimilazione dal Futuro di informazioni che possano modificare le cause del determinismo macro-fisico. La violazione dell’NVPCDE comporta in entrambi i casi la perdita di prevedibilità e stabilità del viaggio, che diverrebbe potenzialmente aleatorio ove non caotico, e comunque non più controllabile dal crononauta. E’ per tale motivo, ad esempio, che il presente scritto non potrà essere pubblicato, dunque reso noto, prima del 10.03.2012.

Verso la fine del racconto, prima di congedarsi, Maukspitvoor lascia trapelare alcuni indizi che ci permettono di fare un calcolo approssimato dell’annoda cui proviene. Lo collochiamo approssimativamente tra il 2318 ed il 2319.   

Degustazione e filosofia – Vino dal Futuro III

La nuova filosofia del vino

Il vino è classificato come un prodotto “biosincrocompatibile” (2230-2250, cfr. A. Acranomal che ne formalizza la definizione e le caratteristiche nei dettagli, 2244) , che le sofisticatissime procedure biologiche garantiscono sano e stabile a prescindere dalla mancanza di trattamenti per noi tradizionali. La chimica, in qualsiasi forma, è bandita poiché strettamente inutile per prodotti di vera qualità. Il vino – si legga: ogni singola bottiglia – è finalmente diventato quell’opera d’arte –unica ed irripetibile – che tanto era stata inseguita, teorizzata, auspicata – una chimera allora irraggiungibile ? – già sul finire del XX sec. da taluni autori (pioniere certamente W. Schwarzengebirge, 2017;  poi anche M. Dalmasserre, 2018) a noi quasi contemporanei.

Degustazione e descrizione del vino nel futuro

Ma quali sono, tradotte per un degustatore della nostra epoca, le caratteristiche organolettiche dei vini di inizio XXIV secolo? Come si svolge in pratica la degustazione ? Intanto, cosa che ci stupisce un  poco, sono stati in parte abbandonati – tranne al solito per le produzioni che rivestono grande interesse storico – vitigni troppo aromatici. Il motivo è al tempo stesso banale e profondo: la predominanza aromatica delle uve non consente la piena espressione del fenopedotipicismo in tutte le sue poliedriche sfaccettature, facendo risaltare in particolare – con eccessiva predominanza – solo quella legata al varietalism.

La degustazione come unione di esperienza e sensorialità

Il carattere dei vini, dato quindi il profondo legame con la terra, è valutato per lo più su caratteri che noi descriveremmo come “freschezza” e “sapidità”; solo in secondo piano, la “tannicità”; tuttavia tali concetti sono solo approssimativamente resi dalla nostra terminologia attuale, anche perché la capacità di analisi sensoriale e le tecniche di training e di concentrazione necessarie ad un degustatore del 2300 consentono il discernimento di sfumature molto più complesse e sottili delle nostre. L’alcol e lo zucchero hanno in genere – tranne rari casi – valore marginale nella valutazione. La degustazione – che è di fatto puramente descrittiva e volutamente soggettiva… – è legata alle macro-sensazioni-mentali che il liquido riesce a suscitare (ricordi, atmosfere, impressioni, suoni, colori, …) in chi lo beve. La valutazione inoltre varia enormemente con le condizioni ambientali e psicologiche che accompagnano la degustazione, condizioni che ci si guarda bene dallo standardizzare: ed ecco allora che un vino ha molteplici schede che ne descrivono la “capacità suscitante” legata alle diverse condizioni (convivialità, meditazione in solitudine, stato di fondo di euforia, di calma, di irrequietezza, di gioia, di tristezza, di contemplazione) del degustatore. Così ogni descrizione è contingente eppure ugualmente valida, e comunica “ad altri” degustatori  “altre” esperienze che “altri” hanno sperimentato. Tutto ciò può essere condiviso grazie delle potentissime strutture di ultra-link nell’Esonet dell’epoca. Se ne costruisce il cosiddetto “profilogramma delle sensazioni“, inviluppo complesso dato dalla sovrapposizione delle esperienze di degustazione. Sono aspetti anche molto tecnici che sinceramente a noi sfuggono… ma non possiamo non cogliere l’intima poesia e la forma d’arte che sottostà a questo nuovo modo di intendere e concepire il vino come un vettore di emozioni, condivisibili attraverso la comunicazione nel tempo e nello spazio: il vino come mediatore di sensazioni tra persone.

C’è un secondo aspetto, probabilmente ancora più importante, legato ad aspetti più materiale. Come si diceva ogni bottiglia diventa, in base ai principi sopra esposti, un’opera d’arte effettiva, unica ed irripetibile. In realtà è tutto il prodotto-vino che viene visto come un’opera d’arte:  “il vino è l’oggettivizzazione della capacità dell’Uomo del XXIV sec. di estrarre Emozioni  direttamente dalla Terra, allo stesso modo in cui L’Uomo primitivo poteva estrarre i metalli da una miniera, …”  O. Evinatnoff, 2311). Il vecchio detto “Il vino è il sangue della Terra” si carica quindi di contenuti effettivi. La cultura materiale del cibo e del vino entra pienamente nella maggioranza dei percorsi formativi delle giovani generazioni. Percorsi formativi che non sono più avulsi dal contesto, bensì inseriti e collegati alla storia dell’arte e alla storia delle lingue e delle tradizioni popolari. Ed è in questo senso che quella che era la Vecchia Europa diventa il perno insostituibile della rifondazione dell’Umanità dopo la Grande Crisi.

Vino dal futuro: l’inizio di tutto – II

La viticoltura ed il vino dopo la Grande Crisi.

Pochissimi sono i biotibi sopravvissuti tra le molte migliaia di varietà coltivate ancora intorno al 2090. In un primo tempo solamente le più sofisticate tecniche genetiche sono in grado di salvare e riprodurre alcuni cloni. In questa operazione risulta fondamentale il ruolo dell’Italia. Questo si concretizza in due direzioni. Primo, attraversi il recupero di molti vitigni che nell’ambiente relativamente incontaminato di molte nicchie della penisola hanno saputo resistere ed adattarsi alla Grande Crisi superando sia lo stress chimico-genetico che i cambiamenti climatici. Secondo, con l’imporsi di alcune idee fondanti che la viticoltura aveva già anticipato nell’opera di alcuni “visionari” di fine XX / inizio XXI secolo. Di fatto è l’enorme biodiversità del patrimonio ampelografico italiano – e balcanico in parte – che permette il rilancio della viticoltura mondiale. Ed è quindi in onore della nostra nazione che il Vinitaly, trasferitosi a Stoccolma (sic!) dal 2128, mantiene definitivamente la sua originale denominazione.

Biotecnologie e viticoltura

Verso il 2150 tecniche genomiche sofisticatissime e full-compatibili raggiungono ulteriori traguardi, sbalorditivi: si giunge alla riproduzione Jurassic park del vinotramite clonazione a partire da scarsi resti genetici – raspi e foglie ma non semi per ovvie ragioni anche se la sperimentazione è vastissima – rinvenuti nelle antiche fattorie e cascine disperse nelle valli appenniniche ed alpine, di varietà addirittura prefilosseriche e che si ritenevano scomparse “definitivamente” da secoli.

La viticoltura che ne scaturisce (2150-2180), unitamente ad una sensibilissima capacità di analisi e classificazione dei terreni e dei fattori pedoclimatici, conduce (tra la metà e la fine del sec. XXII) – definitivamente – al trionfo del concetto di terroir. Ma tale concetto ora è molto più ampio ed articolato, complesso, tanto da essere riassunto da taluni autori con il termine di “fenopedotipicismo” (M. Sammulse, 2187). Il significato rispecchia la intima ed inscindibile commistione dei caratteri tipici ed esclusivi di un vino derivati dalla combinazione unica ed irripetibile – di anno in anno – di terroir, condizioni geopedoclimatiche e varietalism.

La tracciabilità estrema del vino

Si giunge addirittura con alcuni produttori (Fittenmayr, 2204; Paskutti, 2209; Wertzverain, 2212; Kavenagovicic, 2013) alla riproduzione su supporti quanto-opto-elettronici a lamina – presenti sotto l’etichetta – di tutti i caratteri fenopedotipicistici caratterizzanti il vino: dal profilo chimico-fisico-biologico del terreno fino alla massima profondità raggiunta dalle radici alla curva climatica e meteorologica dell’annata a scansione fine di ora in ora, dalla sequenza genetica del clone descritta in termini di pico e femto satelliti alla definizione particolareggiata secondo classificazione IUPPCEV delle tecniche colturali, dei processi di vinificazione, delle pratiche di cantina. Elementi che quindi caratterizzano in modo esclusivo il prodotto contenuto nella bottiglia. Anzi, che caratterizzano il vino di ogni singola bottiglia.

La zonazione spinta ed alcuni casi estremi di terroirizzazione

I 1er Cruls, o Erste  Lagens, o Fine Zones, o Pervizemlije (tutti esempi di denominazioni del sec. XXIII, in italiano corrispondenti al termine ViQOSDeP ovvero Vigneto di Qualità Organolettica Specifica Delimitato e Protetto, più prosaicamente indicato con Intra Zona) sono per tale scopo differenziati (oggi diremmo “zonati”) mediamente su scale di omogeneità che raramente superano i 200-250 mq. Per i prodotti di pregio assoluto, o anche solo per caratterizzare elevati gradienti di fenopedotipicismo, la scala di omogeneità arriva a definire produzioni fino a alcune decine di bottiglie prodotte da poche centinaia di piante. Il legame bassa-resa/elevata-qualità è – sorprendentemente – in larga parte superato.

Terreni particolarmente vocati (Borgogna, Mosella, Alsazia, Collio, etc.) sono ricostituiti in piccole porzioni, con costi enormi, sulle pendici degli Urali, e nelle Highlands scozzesi. La Craie dello Champagne si trova ora in forma sperimentale anche in Patagonia; una piccolissima intra zona ricoperta con le terre delle colline senesi si costruisce (2310 ca.) nella parte meridionale della Svezia. Il Nebbiolo da risultati eccellenti nell’Irlanda e nella Scozia, su dei Firstly Places marnosi ricomposti di meno di un quarto di ha (1500 ceppi in coltura secondo il sistema Cetiri-wan).

Abbandono di taglio ed uvaggio: motivazioni

Ormai sono poco diffusi  – anche perché non più previsti in modo diffuso dai protocolli – il taglio e l’uvaggio. Sopravvivono tali pratiche solamente per quei prodotti le cui radici siano storicamente fondate ed attestate da una secolare tradizione (su tutti, a puro titolo di esempio: Champagne, Bordeaux, Tokaji, Valpolicella, Chianti, Sherry e diversi altri. La regolamentazione è rigidissima e molto restrittiva: le percentuali dei vari vitigni devono essere rigorosamente costanti e certificate e la tecnica enologica dichiarata ed immutabile. Tutto ciò ha lo scopo esplicito di limitare l’intervento enologico invasivo di trasformazione ed  addomesticamento del prodotto vino finale: si vuole infatti che la riconoscibilità del fenopedotipicismo sia immediata per un degustatore medio dell’epoca per qualsiasi vino classificato. Si vuole evitare cioè – nel modo più assoluto – che eccessive sovrastrutture tecniche possano riprodurre quei “vini-Frankestein” (D. Odroga, 2066, “Guida Critica Ragionata”) tecnicamente perfetti che si susseguono di anno in anno assolutamente identici a se stessi [citiamo su tutti: Gerluomo, “Frage nicht mehr, frage nicht wenig” annate dal 2046 al 2077; De Livelotti, “Chez moi ce nuit la bas”, anni ‘60 e’70 del XXI sec. – che sono sicuramente gli esempi più eclatanti degli esponenti di questa tecnica della perfezione assoluta, con la quale si arriva a costruire vini che per decenni raggiungono immancabilmente ed infallibilmente standard di 101 (sic!) centesimi partendo dall’assemblaggio di 25 e talora 30 vitigni diversi provenienti da anche un centinaio di vigneti per ottenere prodotti assolutamente equilibrati, armonici, perfetti, identici a se stessi in ogni sfumatura]. Tutto ciò viene prima esaltato (anni 2060-2070) come massimo traguardo dell’enologia mondiale, ma dopo la Grande Crisi guardato inizialmente con sospetto ed infine definitivamente considerato come pratica ultra-omologante inaccettabile (OGEU, n.12 anno 2116 – parte IV). Fuori da queste rigorose discipline, tagli ed uvaggi comunicano quindi un senso di eccessiva standardizzabilità del vino.

Vino dal futuro: l’inizio di tutto – I

Prologo

Verso la metà del XXIII secolo l’umanità scopre il principio fisico che determina la possibilità di viaggiare nel tempo. Nel volgere di alcuni decenni la tecnologia mette a punto dispositivi che consentono spostamenti entro un arco temporale di alcuni secoli terrestri. Alcuni appassionati ECR (Enocrononauti) del sec. XXIV sono in grado di compiere dei viaggi di esplorazione in quello che è il loro passato. Per una straordinaria casualità, davvero unica ed irripetibile, avemmo l’occasione di incontrare uno di questi ECR all’uscita di una importantissima manifestazione – sul finire del Novembre 2011 – legata al vino nel Nord-Est italiano. Stante il nostro approssimato stato di lucidità, quello che segue è un breve ed incompleto riassunto delle scarne ed enigmatiche rivelazioni che il cosiddetto protocollo NVPCDE (*) permette – al nostro viaggiatore – di “trasmettere” a noi abitanti del 2012.

La storia vera del vino dal futuro ?
Fine del XXI secolo: lenti ma progressivi cambiamenti hanno ormai radicalmente mutato gli assetti climatici del pianeta. S’è infine compreso che l’attività antropica aveva solo un ruolo marginale in questi cambiamenti, che erano legati alla interazione di molti e complessi cicli di retroazione delle dinamiche astronomiche e bio-geologiche del  pianeta, ma la tecnica non ha saputo o potuto porvi rimedio. A causa di tali cambiamenti, la fascia ottimale per la coltivazione della Vite (dal 2040 circa non si coltiva diffusamente solo la vinifera, ma anche alcuni ibridi di tredicesima generazione) si estende ora fino oltre il 60°parallelo. Sono coltivate aree che nella nostra epoca sono di fatto assolutamente inadatte: Siberia, Scandinavia, Terra del fuoco, Coste meridionali della Groenlandia, Coste dellClima Vite e Vino’Antartide:  sono terre in cui si spingono coltivazioni sperimentali . Il vino che si produce è particolarmente interessante.

Ma non ci sono stati solo i cambiamenti climatici.
La scienza vitivinicola raggiunge in una prima fase (a partire dagli anni 2050-2060) livelli di sofisticazione neppure descrivibili nella terminologia attuale. Ma, nonostante ciò, anzi proprio a causa di questo, le tecniche colturali estreme – unite all’abuso di trattamenti chimico-genetici sempre più radicali – inducono uno stress insostenibile per le coltivazioni. Il portainnesto – ad esempio – è soggetto a fenomeni di mutazione e rigetto, a causa di complesse interazioni con l’ambiente. Le uve perdono progressivamente in qualità poiché una corretta maturazione diviene sempre più difficile ed incostante. Il vino perde in qualità. Infine gli effetti diventano incontrollabili e sono tali da provocare la perdita quasi totale (86,7% secondo H. Lothernegie et al., 2114) delle coltivazioni e l’estinzione massiccia dei cloni (76,4 %; ibid). Il risultato finale, che culmina nella cosiddetta Grande Crisi (2090-2100; M.D. Lebartz, 2126), sarà pesantissimo: al suo confronto – solo a titolo di esempio – la caUva stentata vino pessimotastrofe fillosserica costituisce né più né meno un puro incidente – contingente ed effimero – della storia della vite e del vino.
Questa Grande Crisi – da immaginare su scala planetaria – coinvolge ovviamente qualsiasi attività umana. L’uomo comprende a caro prezzo che scienza e tecnologia, raggiunte vette di complessità inimmaginabili, nulla possono se spinte insensatamente oltre certi limiti. Si comprende che alla base del Tutto ci sono sottili equilibri che richiedono – necessariamente – la completa integrazione e compatibilità delle coltivazioni con la biosfera. La vite ed il vino non fanno eccezione, anzi: sono stati essi i rivelatori prodromici del cambiamento in atto.
Dopo decenni di decadenza si inizia a poco a poco (2110-2130) la rifondazione di molte attività umane in base a questi nuovi paradigmi. In tali attività rientrano anche la viticoltura e l’enologia, viste ora come uno dei trait d’union più profondi ed inscindibili tra cultura umana e natura. Il discorso sarebbe troppo complesso per poterlo affrontare qui con maggiore precisione.
In campo vitivinicolo (di questo possiamo qui occuparci e riferire) è necessario – cosa che avviene rapidamente nell’arco di un paio di decenni , ( 2120-2140 , cfr. ad es. Marigotti, Vanespini, “La reinblacireatazione della Vitis Claris Ebenda Vinifera Viniferale” – vol II – 2144) – abbandonare la pratica dell’innesto ed escludere definitivamente la chimica di sintesi nei processi di coltivazione e vinificazione. Ma è la stessa concezione del rapporto Natura – Uomo – Vino che ne esce profondamente trasformata (ibid.).

Il vino raccontato da un enonauta del futuro ?

Non lo avevamo mai raccontato prima poiché – noi per primi – eravamo scettici sulla reale identità di uno strano personaggio incontrato sul finire del 2011 in occasione di una importante manifestazione legata all’Universo Vino. Certo i termini tecnici utilizzati dal nostro interlocutore ci sembrarono più delle bizzarre invenzioni che non un linguaggio di senso compiuto per descrivere il vino.

Dopo viaggio_nel_tempoquesto primo incontro, nonostante numerose ricerche,  non fummo in grado di rintracciare il nome che disse di avere: non compariva in alcun social network, non era noto in nessuna delle nazioni che via via furono oggetto della nostra indagine. Tuttavia, il primo “incontro” si era concluso con la promessa – in verità assai criptica – di un prossimo appuntamento.

Dopo alcuni mesi di febbrile attesa, le speranze andarono completamente deluse: il sedicente Enocrononauta non si presentò e non trasmise ulteriori segnali.

La cosa sembrò finire così, nel nulla, ma dopo poche settimane, inaspettatamente – col senno di poi capimmo come l’incontro non fosse stato propriamente … casuale – riapparve in occasione di uno degli appuntamenti organizzati al Vinitaly.

Da allora gli incontri e gli scambi si moltiplicarono e, nonostante il nostro iniziale totale scetticismo, fummo in grado di verificare personalmente una serie impressionante e sconcertante di  “premonizioni” (tali almeno erano per noi).

ECN (per ora lo indicheremo con questo acronimo) da allora è stato fonte inesauribile di cronache sul Vino del futuro. Molto più preziose sono state però le considerazioni riguardanti altri infiniti concetti che il Vino riunisce inestricabilmente in sé. ECN definisce tali concetti “declinazioni complementari del soggetto Vino” , intendendo ciò che noi oggi diremmo più prosaicamente Cultura, Tradizione, Economia, Tecnologia, Psicologia, Arte, Territorio, etc. (tendendo per lo più a considerarli separatamente mentre sarebbero da interpretare come aspetti inscindibili di una visione olistica del Vino).

vino_&_cultura

Ecco, allora, che se avrete la pazienza di seguirci avremo modo di parlare di queste declinazioni complementari, nella loro accezione attuale ed in quella … futura ! Sempre con un’occhio riguardo e di rispetto per il nostro paese, l’Italia.