Vino dal futuro: l’inizio di tutto – I

Prologo

Verso la metà del XXIII secolo l’umanità scopre il principio fisico che determina la possibilità di viaggiare nel tempo. Nel volgere di alcuni decenni la tecnologia mette a punto dispositivi che consentono spostamenti entro un arco temporale di alcuni secoli terrestri. Alcuni appassionati ECR (Enocrononauti) del sec. XXIV sono in grado di compiere dei viaggi di esplorazione in quello che è il loro passato. Per una straordinaria casualità, davvero unica ed irripetibile, avemmo l’occasione di incontrare uno di questi ECR all’uscita di una importantissima manifestazione – sul finire del Novembre 2011 – legata al vino nel Nord-Est italiano. Stante il nostro approssimato stato di lucidità, quello che segue è un breve ed incompleto riassunto delle scarne ed enigmatiche rivelazioni che il cosiddetto protocollo NVPCDE (*) permette – al nostro viaggiatore – di “trasmettere” a noi abitanti del 2012.

La storia vera del vino dal futuro ?
Fine del XXI secolo: lenti ma progressivi cambiamenti hanno ormai radicalmente mutato gli assetti climatici del pianeta. S’è infine compreso che l’attività antropica aveva solo un ruolo marginale in questi cambiamenti, che erano legati alla interazione di molti e complessi cicli di retroazione delle dinamiche astronomiche e bio-geologiche del  pianeta, ma la tecnica non ha saputo o potuto porvi rimedio. A causa di tali cambiamenti, la fascia ottimale per la coltivazione della Vite (dal 2040 circa non si coltiva diffusamente solo la vinifera, ma anche alcuni ibridi di tredicesima generazione) si estende ora fino oltre il 60°parallelo. Sono coltivate aree che nella nostra epoca sono di fatto assolutamente inadatte: Siberia, Scandinavia, Terra del fuoco, Coste meridionali della Groenlandia, Coste dellClima Vite e Vino’Antartide:  sono terre in cui si spingono coltivazioni sperimentali . Il vino che si produce è particolarmente interessante.

Ma non ci sono stati solo i cambiamenti climatici.
La scienza vitivinicola raggiunge in una prima fase (a partire dagli anni 2050-2060) livelli di sofisticazione neppure descrivibili nella terminologia attuale. Ma, nonostante ciò, anzi proprio a causa di questo, le tecniche colturali estreme – unite all’abuso di trattamenti chimico-genetici sempre più radicali – inducono uno stress insostenibile per le coltivazioni. Il portainnesto – ad esempio – è soggetto a fenomeni di mutazione e rigetto, a causa di complesse interazioni con l’ambiente. Le uve perdono progressivamente in qualità poiché una corretta maturazione diviene sempre più difficile ed incostante. Il vino perde in qualità. Infine gli effetti diventano incontrollabili e sono tali da provocare la perdita quasi totale (86,7% secondo H. Lothernegie et al., 2114) delle coltivazioni e l’estinzione massiccia dei cloni (76,4 %; ibid). Il risultato finale, che culmina nella cosiddetta Grande Crisi (2090-2100; M.D. Lebartz, 2126), sarà pesantissimo: al suo confronto – solo a titolo di esempio – la caUva stentata vino pessimotastrofe fillosserica costituisce né più né meno un puro incidente – contingente ed effimero – della storia della vite e del vino.
Questa Grande Crisi – da immaginare su scala planetaria – coinvolge ovviamente qualsiasi attività umana. L’uomo comprende a caro prezzo che scienza e tecnologia, raggiunte vette di complessità inimmaginabili, nulla possono se spinte insensatamente oltre certi limiti. Si comprende che alla base del Tutto ci sono sottili equilibri che richiedono – necessariamente – la completa integrazione e compatibilità delle coltivazioni con la biosfera. La vite ed il vino non fanno eccezione, anzi: sono stati essi i rivelatori prodromici del cambiamento in atto.
Dopo decenni di decadenza si inizia a poco a poco (2110-2130) la rifondazione di molte attività umane in base a questi nuovi paradigmi. In tali attività rientrano anche la viticoltura e l’enologia, viste ora come uno dei trait d’union più profondi ed inscindibili tra cultura umana e natura. Il discorso sarebbe troppo complesso per poterlo affrontare qui con maggiore precisione.
In campo vitivinicolo (di questo possiamo qui occuparci e riferire) è necessario – cosa che avviene rapidamente nell’arco di un paio di decenni , ( 2120-2140 , cfr. ad es. Marigotti, Vanespini, “La reinblacireatazione della Vitis Claris Ebenda Vinifera Viniferale” – vol II – 2144) – abbandonare la pratica dell’innesto ed escludere definitivamente la chimica di sintesi nei processi di coltivazione e vinificazione. Ma è la stessa concezione del rapporto Natura – Uomo – Vino che ne esce profondamente trasformata (ibid.).